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Storie di vita

L’inizio nella fine

Sopravvivere al carcere significa affrontare un percorso difficile, caratterizzato da problematiche, che toccano nell’intimo le fragilità umane. A volte è possibile trovare in sé stessi le risorse necessarie per andare avanti, a volte è necessario affidarsi a persone competenti per trovare una soluzione e non mollare.

Sono una persona che ha sempre preferito vivere in autonomia: “quando vuoi qualcosa di ben fatto, fallo da solo”; ma col senno di poi, è proprio quando mi sono ritrovato da solo che ho commesso gli errori più grandi.

Oggi sono convinto che saper chiedere aiuto e affidarsi, siano dei punti di forza e non di debolezza, saper riconoscere i propri limiti, e capire quando è necessario l’aiuto degli altri, sia l’espressione della crescita e del cambiamento.

“Quando tutto è perso e pensi di non avere più alternative, quando il vuoto che ti circonda riempie la tua anima, la vita ti offre le opportunità migliori, devi solo saperle vedere”.

Avere la possibilità di rinascere, in un posto come il carcere, che per definizione rappresenta la fine della vita, è qualcosa di inaspettato, e trovare delle persone disposte a darti una seconda possibilità, disposte ad accompagnarti in un percorso di formazione e crescita personale: è un regalo prezioso. 

Ho sempre pensato che se qualcuno ti aiuta è perché vuole qualcosa in cambio, “non chiedere niente a nessuno e nessuno ti chiederà mai niente”. Oggi mi rendo conto di essere stato vittima del mio pregiudizio per troppo tempo.

Molte persone non guardano il tornaconto personale, hanno una visione molto più ampia, perché in questo caso il tornaconto non va nelle mani di chi aiuta, di chi crede e concede una possibilità, ma va nelle mani della società che ignara aspetta il ritorno del mostro.

Grazie a tutti coloro che hanno creduto in me, e grazie a chi mi ha insegnato che mostro in realtà significa prodigio.

Andrea