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“Non è facile fare il sunto di una vita, anche farlo di un frammento di essa seppur lungo qualche anno e soprattutto metterlo su una riga perché a volte possono mancare le parole. Non è facile farlo nemmeno a voce perché alle volte manca proprio quest’ultima per spiegarsi.

Si può cominciare da quando uno è nato o da quanto manca affinché tutto sia finito…

Io non mi sento giunto nemmeno alla metà della mia vita, seppur vissuti intensamente i miei 30 anni sono pochi per dir di aver vissuto tutto di questa vita ma sono abbastanza per raccontare un bel frammento di essa. Pensando alla mia situazione attuale non posso scaricare colpe da addossare ad altri o trovare alibi che valgano a giustificare i miei agiti, sarebbe troppo facile e non sarei onesto con me stesso. Nulla della mia famiglia e di quanto appreso da loro ha concorso a creare quello che sono poi diventato, almeno dal punto di vista della legge.

Spesso si tende a associare le persone ad un determinato contesto di appartenenza, tutti, me incluso siamo meravigliosamente complessi e non si può associare a un essere umano una singola etichetta di riconoscimento; come un direttore di banca non è solo uno che gestisce e amministra del denaro, un muratore non è solo uno che con le sua braccia costruisce le pareti delle case, un medico non è solo uno che con i suoi studi conosce le patologie e cura i pazienti, un soldato non è solo uno che fa la guerra e combatte, un poliziotto non è solo uno che arresta i ladri e un ladro non è solo uno che ruba a tutti questi. Oltre quello che facciamo per vivere o per sopravvivere, Siamo! Esistiamo! Pensiamo, amiamo e crediamo, ognuno con la propria idea, ognuno con i propri sogni e ognuno con la propria storia a volte difficile. Sarebbe riduttivo dire che sono solo un delinquente e quindi classificarmi in una determinata categoria. Io per esempio sono stato di sicuro un ladro eppure questo non basta a fare di me solo ed esclusivamente questo.

Fin dall’infanzia gli esempi che mi sono stati dati e gli insegnamenti ricevuti non sono stati certo nella direzione dell’illegalità. In casa ho sempre respirato un’aria di rispetto dell’altro, di comprensione, di affetto e di legalità. A volte si ha la tendenza a trovare colpevoli sempre intorno a noi senza guardare a noi stessi. Anch’io tante volte ho adottato questo modo di pensare e ad oggi posso assicurarvi che la responsabilità non fu né dei miei genitori, né della scuola, né delle ‘’cattive compagnie’’ e nemmeno del sistema.

Di sicuro qualcosa non funzionò… ancora oggi sto scavando a fondo dentro di me per capire cosa andò storto ma una risposta ad essere sincero, ancora non ce l’ho.

Iniziò tutto con un senso di ribellione, a cosa non lo so, magari a quella famiglia troppo per bene o a una vita troppo ‘’normale’’, non lo ò di preciso. Forse fu proprio la normalità di percorrere una vita anonima che mi terrorizzò. Così in adolescenza sperimentai alcune emozioni forti come potrebbero essere l’uso di droghe e il commettere i primi reati. Sperimentai una vera e propria accelerazione delle emozioni e lì vi trovai qualcosa che mi piaceva e mi faceva sentire vivo come non mai. Iniziai subito a rubare, provai a applicarmi anche in altri rami del crimine come la vendita di droga o qualche piccola rapina ma non era niente a confronto dell’adrenalina che mi dava il furto, la sua preparazione, i sopraluoghi prima dell’azione, gli escamotage per ridurre al minimo le tracce sul luogo del furto, la ricerca del bottino e l’immensa gratificazione che avevo quando mi riusciva un colpo era una sensazione incommensurabile.

Così senza accorgermene passò dall’essere una trasgressione giovanile ad un vero e proprio stile di vita. Dai 18 ai 28 anni il tempo sembrò fermarsi, proprio come chi la mattina si alza e va in ufficio, io andavo in giro per l’Italia a praticare la mia professione di ladro, convinto ogni giorno di più della mia scelta. Perché avrei dovuto smettere? Avevo tutto (o almeno lo pensavo) … i proventi della mia attività mi consentivano di sostenere un tenore di vita molto più alto di quello dei miei coetanei. Vivevo senza preoccuparmi di quanti soldi avrei speso perché era come se avessi sempre una cassaforte aperta da cui attingere, peccato però non fosse la mia, infatti inevitabilmente in questi anni qualche arresto avvenne, ma complice la giovane età, qualche colpo di culo in tribunale come una condizionale, un paio di pene sospese e qualche piccola condanna me la cavai senza subire condanne severe. Ma si sa, come recita il buon vecchio proverbio, ‘’tutti i nodi vengono al pettine’’ ed ora i miei nodi, o meglio i miei reati sono arrivati al ‘’pettine’’ della legge, non sto qua a lamentarmi o a cercare di capire se dieci anni passati a piede libero ne valgano altrettanti di galera, ma posso dire che pochi o tanti che siano a uno stop dovevo giungere, non penso sarei riuscito a fermarmi da solo, anche perché chi ne aveva voglia di smettere?

Fui arrestato nel caldo agosto del 2021 da due giovani carabinieri, che incontrai sul mio cammino, potevano avere la mia età, e citando Fabrizio de André in quell’afosa giornata, forse potevano avere anche il mio stesso identico umore, ma la divisa era di un altro colore.

Dopo poco più di un anno passato al ‘’Due’’ di piazza Filangeri fui trasferito nell’istituito di Bollate, varcai i cancelli di questo carcere portandomi appresso le granitiche convinzioni che avevo, una di queste che niente e nessuno poteva cambiarmi. Non fu il carcere in sé né i sui muri freddi e neppure le sue sbarre tristi a infrangere alcune delle mie sicurezze tanto meno quella di cambiare il mio mestiere di ladro, anzi entrai pensando che su 1.200 detenuti tanti ne avrei trovati con cui poter condividere il mio pensiero. Fu un po’ come entrare in un centro congressi del crimine dove ci si può specializzare, conoscere nuovi rami del settore e fare nuove conoscenze tanto per utilizzare al meglio il tempo che qui avrei trascorso.

Un giorno mi candidai ad una selezione di lavoro che proponeva tramite bando la cooperativa sociale bee.4, dopo un paio di colloqui conoscitivi iniziai una formazione lavorativa come operatore di call-center, che si finalizzò con un assunzione, inizialmente l’unica cosa che percepii e che davvero apprezzavo della mia nuova attività lavorativa era il buono stipendio che avrei percepito, ma giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese mi resi conto che quello che stavo facendo non solo mi garantiva delle entrate, ma strano a dirsi per me, mi piaceva, mi gratificava e mi faceva stare bene.

Negli anni avevo sviluppato in un’avversità e un sentimento di disprezzo per chi timbrava il cartellino pensando che una vita scandita da un’entrata e un’uscita da un luogo di lavoro, intramezzata solo da una stupida pausa pranzo era una vita sprecata, da schiavo, non degna d’esser vissuta.

Io oggi questa vita la sto facendo e ho scoperto che non è poi così male timbrare la mattina e arrivare in orario, non tanto per le conseguenze del ritardo ma più per le responsabilità che ho nell’arrivare in orario.

Bisogna saper guardare con occhi nuovi e disincantati al vissuto della nostra vita.

Queste cadute, dolorosi rimbalzi che durano anni hanno portato me alla revisione di quelle che erano le mie granitiche convinzioni, hanno rotto alcuni massi che pesavano nella mia mente, sprigionando nuove schegge di vita.”

Edoardo