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I nostri eventi

bee.4 ad Assisi per incontrare PAPA FRANCESCO

Sono Andrea e sono detenuto da più di 9 anni. Sono stati anni in cui ho sofferto molto ma anche un tempo in cui sono profondamente cambiato.


Infatti in questo periodo ho potuto riflettere sul vero significato della vita e sui valori più importanti che la dovrebbero caratterizzare.


Purtroppo ho tolto la vita a un uomo durante un brutto e insensato litigio e per sempre mi porterò questo peso nel cuore… Prego per la sua anima. 


Dal primo giorno ho cercato di affrontare il mio percorso detentivo nel modo più costruttivo possibile, facendomi carico delle mie responsabilità e cercando di trasformare questo tempo in un’opportunità di crescita. Inizialmente ho pensato a me stesso, sentivo il bisogno di capire cosa mi avesse portato così lontano, dovevo ritrovare il mio equilibrio e la giusta strada. Fortunatamente non sono stato solo, e grazie al supporto di operatori, volontari e amici ho trovato il coraggio di credere in un nuovo futuro.


Ho avuto la possibilità di riprendere gli studi e dopo essermi diplomato come tecnico agrario, oggi sono iscritto all’università Statale di Milano alla facoltà di Fisica. Ogni esame è una sfida enorme, una montagna da scalare spesso in solitudine, ma ogni volta che ne supero uno e mi giro: vedo un panorama sempre più vasto… È bellissimo.


Sono tra i fortunati che scontano la loro condanna nel carcere di Bollate, struttura d’eccellenza nella quale è possibile affrontare un percorso riabilitativo concreto e ricco di opportunità. Se mi è permesso, a nome di tutti, la invito a farci visita, ne saremmo veramente onorati.
Da un anno e mezzo ho il privilegio di lavorare per la Cooperativa “bee.4 altre menti”, una realtà che mai avrei pensato di trovare in un istituto di pena. Un ambiente di lavoro speciale, un posto dove si perde la percezione del carcere…Un ambiente dove l’essere umano può veramente rifiorire. 


Oggi volevo parlarle del lavoro, Papa Francesco: so che le sta molto a cuore. Il lavoro restituisce la dignità e nella nostra cooperativa ogni singolo individuo attraverso l’impegno, la costanza, la serietà e la fatica può vivere il vero significato dell’inclusione sociale. Personalmente mi occupo di Digital Marketing e grazie al supporto della cooperativa ho potuto imparare un nuovo mestiere da zero.


Attraverso tanta formazione oggi ho un lavoro che mi permette di pensare e credere a un futuro diverso e concreto. In carcere generalmente non esistono molte opportunità di lavoro e di connessione con l’esterno, in questa realtà invece gestiamo tante commesse e quotidianamente siamo a stretto contatto con le aziende che hanno deciso di credere in questo importante progetto di reinserimento.


Ci sentiamo addosso una grande responsabilità e speriamo di poter contribuire a creare un carcere dove si esca migliori di come si è entrati.


La nostra attività ci permette di condividere con la società l’importanza dei percorsi lavorativi in carcere e il loro grande impatto sull’esterno. Le persone che sbagliano è giusto che finiscano in carcere, ma dobbiamo comprendere che queste possono riuscire a esprimere il loro vero potenziale, solo se vengono messe nelle giuste condizioni.


L’uomo è più grande del suo errore. Ogni essere umano ha un suo grande potenziale: deve solo essere scoperto.


Io stesso nemmeno ci credevo, ed è stato grazie alle persone che mi hanno supportato se oggi sono qui a portare la mia testimonianza.


Non sono un economista ma mi sembra abbastanza logico pensare che il carcere, per diventare un buon investimento per la società, debba ottenere dei risultati concreti e questi sono sostanzialmente due: la sicurezza e la recidiva a zero. Le persone che escono dal carcere devono essere cambiate e devono trasformarsi da “voce di costo” a “risorsa” per la società. Una persona che comprende il suo errore più difficilmente ritornerà a sbagliare: la società, a mio avviso, ha il dovere di riflettere su questo importante aspetto.


Con la mia presenza oggi qui vorrei – come già disse qualcuno – “dare voce a chi voce non ce l’ha”; vorrei metterci la faccia, la voce, il cuore, e farmi portavoce di tutti quei “compagni di pena” che in questo momento sono sdraiati in una branda dentro una cella, fiaccati nel corpo ed annichiliti nello spirito; vorrei esserci anche e soprattutto per coloro che non vedono più un orizzonte davanti a sé, incapaci di dare senso e sapore alla propria vita.


E oggi mi chiedo: ma il modo ha orecchi per ascoltare la nostra voce, per udire il nostro grido? 
Vorrei infine cogliere l’occasione per ringraziare la Direzione del carcere di Bollate e il Magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Milano dott. Luerti che mi hanno permesso di essere qui.


Vorrei inoltre ringraziarLa, Papa Francesco, per la speranza che ci dona quotidianamente attraverso le sue parole, per la dignità che ci dona. Sono un giovane ferito, ma sono anche io un giovane di Francesco.


All’inizio della mia carcerazione, nel 2013 le scrissi una lettera chiedendo perdono per quello che avevo fatto e inaspettatamente ricevetti una risposta in pochissimo tempo.
Proprio grazie a quel perdono la mia vita è potuta ricominciare… e oggi sono qui con questi mille compagni e compagne di cammino di resurrezione su questa terra: che continua.


Andrea