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Storie di vita

“Un viaggio”. Il racconto di Alberto

La giornata era splendida, un timido sole si preparava a raccogliere l’energia da distribuire sull’intero paese…senza richieste, il sole era così, almeno lì.

Non chiedeva, non voleva nulla, semplicemente dava e basta…regalava il tepore della primavera senza pretese, senza l’inganno raccontato dalle finestre, dai ferri che ne chiudevano gli argini.

Ogni mattina lo stupore per quel panorama, per quella vista gli regalava un sorriso e gli riempiva i polmoni di un’aria piena, saporita… giusta… in realtà l’idea stessa della giustizia lo lasciava da sempre un po’ indeciso, basculante tra il pensiero di ciò che era giusto e ciò che era giusto per lui.

Aveva sempre creduto in un ideale, ma di certo l’esperienza gli aveva insegnato che l’uomo filtra tutto attraverso le lenti dei propri bisogni e delle proprie convinzioni…già pronto a partire per uno dei suoi viaggi dentro di sé sentì il fruscio delle lenzuola sul letto, lei si  era mossa e si lamentava, un lamento inconsapevole, era senz’altro infastidita dalla luce  e dalla finestra che lui aveva aperto, si voltò a guardarla, era bellissima, così addormentata, arrotolata tra le lenzuola…era uno dei momenti migliori della sua giornata, alzarsi presto e guardarla dormire…guardare il suo viso così dolce senza la difesa del giorno, senza la guardia a difendere i pensieri dalle intrusioni, senza la maschera del carattere a spingere tutto al di fuori…a tenere tutto alla giusta distanza.

La guardò ancora per un minuto poi si chinò e le baciò la testa Lei lo spinse via, poi quando stava per alzarsi lo trattenne per un braccio e lo tirò a sé, come faceva sempre, con un sorriso accennato che lo faceva diventare matto, sarebbe rimasto fermo nei suoi abbracci senza mangiare e senza bere per ore…respirarla era sufficiente…doveva andare però, quella mattina doveva andare al mercato del pesce a comprare e non poteva permettersi di ritardare, così incurante delle sue lamentele si alzò e si diresse verso la porta.

Il mercato era splendido…pieno di colori e di odori che sembravano arrivare da un altro tempo…da un luogo oltre la memoria, un miscuglio tra le favole delle mille e una notte e i racconti di Licia Troisi e le terre fantastiche dei suoi romanzi.

Tutta la prima parte si sviluppava su di un lungo corridoio, una striscia di terra sui cui lati si mostravano senza paura i cambiavalute, che al grido di “sarraf, sarraf” offrivano ai turisti la moneta locale in cambio di dollari o euro…facendo delle banconote una vera e propria merce in mostra.

C’era un omino, basso e grasso con due baffi enormi, segno di una ricercata virilità, che sembrava uscito da un film di Indiana Jones…aveva due occhietti così infidi che solo a guardarlo gli veniva voglia di sparargli, ma queste sensazioni appartenevano al passato.

Curioso come dal passato non si potesse mai davvero prescindere, anche lì a chilometri dall’Italia, dopo  tutto quello che era successo, vedere degli uomini che mostravano intere casse di banconote alla vista e alla mercé di chiunque, gli faceva pensare a come si sarebbe dovuto procedere per rapinarli… quale sarebbe stato il suo piano se avesse dovuto agire…poi il pensiero di lei lo riportò al presente e all’idea stessa della perdita, del rischio di perdere, si riscosse e  continuò a camminare lungo il sentiero dei soldi.

Il mercato poi si apriva su di una larga piazza che raccoglieva i venditori di cibi e spezie di ogni tipo…proseguendo fino ai portici sotto i quali davvero si sviluppava l’idea di commercio…i venditori di tappeti, di abiti e di oggettistica locale, vivevano rintanati all’interno di negozi ai lati del portico, seminascosti dagli abiti in mostra davanti alle entrate…erano sempre alle prese con qualche trattativa e, almeno al suo occhio, sempre con un’aria da cospiratori, tipica dei commercianti che si fingono poveri.

Usciti dal portico finalmente si arrivava allo sbocco sul mare al mercato del pesce, la sua meta del mattino…le barche erano rientrate e l’asta era iniziata…si avvicinò a un gruppo di persone che stava trattando l’acquisto di alcuni polpi…fece la sua offerta e iniziò la trattativa.

Era mattina…già da un po’, come sempre lui era già uscito, come tutte le mattine si alzava prima di lei e le preparava la colazione… usciva le comprava il pane e lo yogurt e i fiori, tutte le mattine, i fiori…i gigli i suoi preferiti…preparava la colazione, apparecchiava e metteva un giglio a tavola, di fronte a lei, dove si sarebbe seduta.

Quella mattina però era uscito prima, aveva qualche impegno, il mercato del pesce , era mercoledì… cominciava a fidarsi… dopo quasi nove mesi non avvertiva più la paura di qualche sorpresa ogni volta che lui si allontanava per qualche presunto impegno o incontro…no, decisamente cominciava a fidarsi…scese dal letto e poi le scale che portavano alla parte bassa dell’edifici.

Le piaceva quel posto, tutto bianco, con in centro il cortile e che si sviluppava tutt’intorno, in fondo era il suo sogno essere lì, fare quello che faceva…entrando nella parte bassa della casa si accorse che il tavolo della colazione era preparato, con lo yogurt il miele e il pane…un giglio in una tazza e un biglietto “Ti amo… e anche un po’ di più…buongiorno”.

Le venne quasi da piangere…lui non si dimenticava mai…erano le sue attenzioni a farla sentire davvero così bene…e lui non si dimenticava mai…fatta colazione decise di uscire, il panorama sulla spiaggia era davvero mozzafiato…sembrava persino che qualcuno ogni mattina si svegliasse per mettere le cose a posto per come lei avrebbe voluto vederle…per come voleva che fossero.

Il mare era di un azzurro verde da isola tropicale e le palme sembravano ricorrerla per proteggerla dal sole con la loro ombra… qualche bambino correva lungo il bagnasciuga e ogni tanto buttava uno sguardo verso di lei…sorridendole timidamente, lei respirava quell’aria a pieni polmoni e si ricaricava ogni giorno di felicità.

Gli acquisti erano riusciti, aveva comprato un bel po’ di pesce e non lo aveva nemmeno pagato molto, sulla strada per tornare a casa si fermò ad osservare i minareti, ogni volta che poteva stava fermo ad osservarli, quei torracchioni gli infondevano un senso di pace…muti testimoni di secoli che parlavano dell’infinita pazienza che sta nell’immobilità…per uno come lui che aveva attraversato la vita come un uragano, l’idea stessa di immobilità e pazienza sembravano avere  qualcosa di innaturale, per questo piuttosto affascinanti.

I minareti poi erano dominanti su tutto il paesaggio, un po’ come i campanili nelle chiese cristiane, solo che conservavano un bel po’ di magia in più. Era solito sedere ai tavolini del bar della piazza e osservare per ore lo spettacolo delle torri, con le innumerevoli forme che lo spostarsi del sole regalava alle loro ombre. La processione dei fedeli che poi si recavano tutti i giorni lì aveva un non so che di inquietante e attraente allo stesso tempo, come una sorta di setta che si raccoglie per un sacrificio umano. La paura e la curiosità fuse insieme.

Quella mattina però aveva fretta, era in ritardo per il pranzo e poi sinceramente lei gli mancava, gli mancava vederla aiutarlo in cucina cinque minuti per poi trovare una scusa e fuggire al mare o al mercato del paese a comprare qualcosa che le veniva in mente.

Il paese, già quel paese sembrava sospeso nel tempo, tutto bianco e pieno di sabbia, con le strade che non conoscevano ancora l’idea dell’asfalto, le case basse e senza pretese di lusso, i negozi, pochi, solo per le necessità…la processione al mattino per comprare il pane e le persone che camminavano con le baguette in mano, solo un pezzettino di carta a fare da involucro a un panino di mezzo metro.

L’influenza dei francesi si faceva sentire ovunque, però era più una compagna muta che non un invasore senza rispetto, una parte irrinunciabile dell’identità di quel posto. Odiava l’idea delle colonie, però lì, forse per il tempo trascorso, i francesi sembravano davvero pezzi di storia.

Perso nei suoi pensieri non la vide arrivare finché non fu a pochi passi, allora sorrise e la salutò, lei in tutta risposta lo abbracciò forte, come faceva sempre ogni volta che si allontanava per troppo tempo, e gli disse “uffa…stamattina non c’eri”…sorrise a e la strinse più forte, le spiego dov’era stato pur sapendo che lei lo sapeva benissimo…così per rassicurarla…poi la prese per mano e la portò con se verso il Riad…doveva preparare da mangiare….lei rimase un po’ con lui in cucina, poi disse che doveva vedere uno per un progetto di non si capiva bene cosa…come al solito stava scappando, sarebbe tornata per l’ora di pranzo.

Un bacio ed era già fuori, in strada…mentre la vedeva andare via pensò che non sarebbe voluto essere in nessun altro posto al mondo e che da lì non se ne sarebbe andato mai.

Alberto