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I nostri valori

Guardiamo i dati, non le ideologie

Così si valuti la reale efficacia
di Filippo Giordano*


Corriere della Sera – Buone Notizie, 29 novembre 2022
La relazione tra forme di esecuzione penale e comportamenti recidivanti è oggetto di studio da anni. I Paesi anglosassoni hanno prodotto una corposa letteratura circa l’efficacia delle misure alternative al carcere (“misure e sanzioni di comunità”) comparate alla detenzione.


In Italia, tuttavia, si riscontra una preoccupante carenza di studi e analisi comparative che possano informare le politiche pubbliche rispetto alle azioni da intraprendere per far fronte ai problemi strutturali di sovraffollamento e recidiva. Buona parte della letteratura disponibile è composta da studi di impronta prettamente giuridica, che valutano le modifiche avvenute a livello legislativo.


Tra le poche ricerche quantitative sul tema è da segnalare quella del 2007 di Fabrizio Leonardi che, pur con molte criticità dal punto di vista metodologico, riscontrò evidenze a favore delle misure alternative alla detenzione. Nel 2020, con alcuni colleghi dell’Università Bocconi, abbiamo svolto uno studio sui dati gestiti dall’UEPE Lombardia volto a dimostrare la validità della misura alternativa rispetto alla detenzione per i casi che ne consentono l’applicazione.


L’analisi di regressione condotta sull’intero database, composto da oltre 24mila incarichi gestiti tra il 2007 e il 2018 in Lombardia, ha messo in luce i fattori più significativi che influenzano la revoca della misura e che confermano la letteratura internazionale:


1) l’esperienza detentiva deteriora le “condizioni di partenza” individuali e l’andare in misura alternativa dopo il carcere incrementa il tasso di revoca della misura;


2) l’affidamento in prova si dimostra più efficace in termini di reinserimento sociale e meno rischioso in termini di probabilità di revoca rispetto alla detenzione domiciliare.


Per giungere a indicazioni solide e generalizzabili lo studio andrebbe replicato in altri territori (il contesto sociale è un fattore determinante per l’efficacia delle misure) ampliando la base dati e migliorando la qualità delle informazioni.


Infatti la cosa emersa inequivocabilmente nei mesi di lavoro a stretto contatto con l’UEPE è la necessità per l’amministrazione di strutturare un’efficiente sistema di raccolta, gestione ed elaborazione dei dati, perché il potenziale informativo “intrappolato” e la perdita di informazioni nelle procedure quotidiane degli operatori è significativo.


Il beneficio che deriverebbe dall’esistenza di un sistema informativo più efficiente è evidente. Se non si misura non si apprende, non si migliorano i processi organizzativi e non si possono valutare fenomeni complessi come la recidiva. Per questo è necessario promuovere nel nostro Paese una cultura dell’evidence-based policy nell’ambito dell’esecuzione penale, tema spesso solo oggetto di sterili contrapposizioni ideologiche che impediscono la ricerca di reali soluzioni ai problemi.


Pertanto il lodevole lavoro di disclosure che Antigone svolge sul mondo dell’esecuzione penale è solo un punto di partenza e deve essere da stimolo per sviluppare ulteriori percorsi di ricerca e approfondimento, condizione necessaria per un dibattito politico fattivo e la predisposizione di interventi mirati.


*Università Bocconi