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Storie di vita

Da un tempo “vuoto” a un tempo fertile: un’esperienza di gratitudine

Quando sono entrata in carcere ero più “carica” delle aspettative e delle idee degli altri, rispetto ai miei pensieri e alle mie sensazioni e ancora oggi mi chiedo come questo sia stato possibile.

Mentre percorrevo i diversi tratti di autostrada che dalla periferia sud di Verona mi avrebbero portata diretta a Bollate, ricordo che mi sentivo vuota, nel senso di svuotata e pronta ad accogliere e riempire “il vaso” con “altro”, cioè altro da me.

Il primo giorno che sono stata in carcere però, ho scelto il mezzo del treno, proprio per evitare impegni, anche quello per lo più automatico, come la guida di un’auto.

Il giorno che abbiamo fatto la presentazione ai soci detenuti avevamo un programma. La cara Daniela aveva strutturato tutte le slide e poi noi ci eravamo organizzate, ciascuna avrebbe trattato una sfumatura… sfumature, quante sfumature stavano in quel momento davanti a noi, mentre parlavamo? Ma soprattutto, di chi erano quelle sfumature? Quei dettagli sostanziosi di storie che avevano bisogno di essere ascoltate, di vite che sentivano forse il desiderio di tessere relazioni, di occhi che cercavano altri occhi e di abbracci forti che (nonostante il periodo) fremevano di essere dati e di incontrare, quindi, altre braccia, aperte e calde. Di tutto questo, però, poteva esserci anche l’esatto contrario.

Questo è stato il pensiero con cui ho vissuto quegli istanti del nostro racconto, mentre in me c’era un mix di stupore perché l’emozione che sentivo era bella, forte, odorava di un dolce profumo e aveva un gusto buono, che per me è salato. Cioè, per dirla in altre parole, io che lì ero “di passaggio” non mi ero fatta minimamente toccare dal contesto, dalle sbarre, dalle numerose guardie che ci aprivano le porte … ho dovuto prestare attenzione a questi aspetti; li vedevo ma non li avevo sufficientemente osservati, non avevo dato loro, forse, il peso che anche fisicamente hanno.

Tornai a Verona … il vuoto iniziale, aveva trovato due nuovi compagni: il primo, l’attesa che brillava di speranza, perché pensavo a chissà se queste persone parteciperanno, chissà quali pensieri avranno fatto come conseguenza del nostro discorso e, soprattutto chissà se e come potremmo dare qualcosa a loro; il secondo pensiero, più profondo, era legato al contesto e al poco impatto che questo aveva creato sulle mie emozioni.

Gli avevo dato poca importanza, forse? In fin dei conti io, poi, torno a casa. E questo pensiero derivava dall’emozione di paura, temevo cioè di non poter comprendere i temi che loro mi avrebbero portato, proprio perché io e loro siamo “di due mondi diversi”.

Ma mentre eravamo la, quel primo giorno in teatro, oltre ad aver parlato del counseling avevamo parlato, in particolar modo, di ciò che ci accumuna e questo tema è stato spontaneo, è emerso da una lettura di un romanzo fatta proprio mentre percorrevo Milano – Verona, in treno. Ciò che ci accomuna è essenziale, proprio perché essenza: siamo persone umane, diversi come persone ma umani. Ed eravamo tutti lì, assieme, proprio come gli alberi di un bosco che contengono un sacco di specie ma che solo tutti insieme danno vita a un bosco: un luogo pieno di parole, pensieri, emozioni, azioni e comportamenti.

Eccoli i “miei futuri” clienti: ne memorizzo solo il nome nell’attesa di video-conoscerli (mannaggia questi video-incontri … quanta fisicità e contatto umano che tolgono/hanno tolto. Dopo i primi incontri si palesa ai miei occhi una meravigliosa sorpresa, “è destino” penso. 2 su 3 di loro sono Veneti, come me, e già questo per loro sa di casa: uno di loro mi disse che sentire anche “solo l’accento e la cadenza mi fa sembrare di essere tornato per un attimo a casa”.

Gli incontri si sono susseguiti con un ritmo gentile e fruttuoso: i nostri appuntamenti erano attesi, tant’è che capitava che a ridosso degli stessi mi chiedessi “chissà come sarà andata la sua settimana, i suoi giorni, il suo lavoro, lo studio fatto, le chiamate effettuate …”
Il ritmo non è stato solo gentile e fruttuoso, è stato altresì intenso, grave e per alcuni temi/contenuti toccati, doloroso … con il sapore amaro della perdita, con il retrogusto dell’abbandono, con la malinconia dell’assenza e con lo sguardo vuoto, silenzioso.

“Riavvolgendo” il nastro c’è, però, un filo conduttore dei diversi incontri: la leggerezza e la spontaneità con cui ci siamo lasciati dandoci un caldo arrivederci e, soprattutto, un forte abbraccio. Un abbraccio forte e caldo e, in particolar modo, lungo pari a un tempo di almeno trenta secondi: perché ho imparato da uno di loro che questo è il tempo necessario affinché il nostro corpo rilasci ossitocina ed endorfina.

Ah il tempo: altro nostro caro compagno di viaggio, in tutti e tre i percorsi fatti: un tempo fatto di ricordi, per alcuni legato alla speranza e all’attesa, per altri un tempo legato a progetti lontani, oggi distanti. Un tempo fatto di relazioni che “aspettano fuori” o di relazioni da ripescare, una volta fuori.

Io sono grata al tempo che bee.4 ha deciso di darci, fin dall’inizio; grata al tempo e all’impegno che le mie compagne di viaggio Daniela e Cira hanno dedicato a questi incontri e ai nostri incontri. Ma soprattutto grata al tempo che i ragazzi mi hanno permesso di abitare, per un pezzo di cammino, accanto a loro.

Con stima e affetto
Monica Pizzamiglio

QUALCHE COMMENTO DAI RAGAZZI COINVOLTI NEI PERCORSI

Abbiamo chiesto, a percorso avviato, alcuni commenti direttamente a loro, ai ragazzi che si sono lanciati in questa avventura.
Ecco le loro parole.


“…Il percorso di Counseling ha rappresentato una parentesi nella “frenesia” macchinosa e maleducata del carcere, è stato un modo per interrompere un’abitudine alle “non relazioni” ormai insita nel mio intimo…”
(Andrea)

“Lo svolgimento di questo percorso è stato un momento dove mi sono fermato a riflettere sull’importanza delle relazioni che ormai davo per perse, per le quali ormai avevo accettato il vuoto che ne deriva”
“…Grazie a questo percorso ho capito che è necessario dedicarsi del tempo a sufficienza per prendersi cura di sé, scoprirsi e conoscersi, volersi più bene. Grazie a bee.4 che mi ha dato questa opportunità e grazie a Daniela per il tempo prezioso che mi ha dedicato…”
(Fabio)

“…Cira ha lasciato un solco che non si rispierà mai, è riuscita a farmi emozionare capito senza il pregiudizio, mi sono sentito in famiglia, volevo che i nostri incontri non finissero mai. La porterò sempre nel mio cuore. Grazie Cira, ti porterò sempre nel mio cuore. Ciao Cira e mille volte più altre mille e ancora mille grazie.”
(Giovanni)

“… Il counseling mi ha aiutato a valorizzare le caratteristiche del mio modo di essere, a cui non ho mai dato importanza. Con la mia counselor ho instaurato un bel rapporto e un dialogo che mi ha permesso di capire e approfondire molti aspetti delicati e importanti per la mia vita. Grazie di cuore Monica!!”
(Jihad)

“…Cito Ungaretti: in una sua poesia evoca la vicenda di un giovane maghrebino trapiantato a Parigi che si suicida perché non “riuscì a sciogliere il canto del suo abbandono.”
Ecco, credo che l’esperienza sia di quelle che permettono di riuscire a trovare, attraverso il dialogo, il modo per sciogliere quei nodi che se trascurati possono fare tanto male. Penso a molti detenuti che al contrario di me hanno una “cassetta degli attrezzi” proprio malgrado più sguarnita. Ho compreso quanta fortuna ho avuto. Sono grato a bee.4 per avermi dato questa opportunità in questo contesto.”
(Massimiliano)

“… Per me il counseling è stato uno spazio dove ho trovato accoglienza e mi sono pian piano sentito a mio agio. Ho potuto aprirmi e mi sono sentito di esprimere le mie emozioni e pensieri più profondi, quelli che condividi con poche persone perchè la propria vita, il proprio passato, lo condividi solo con chi si ritiene meritevole.”
(Erjon)