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Storie di vita

Costruire in carcere uno spazio dove ricominciare a vivere

Può succedere di commettere un grosso errore, o anche una serie di errori, che derivano poi anche da una condotta di vita sbagliata, sono cose che succedono, solo che prima o poi si devono subire le conseguenze.

Ed è così che ogni tanto qualcuno finisce in galera.
A questo punto sarebbe troppo facile tornare indietro e cambiare il passato, tuttavia, se vogliamo, possiamo agire sul presente per cambiare il nostro futuro.

La vita in galera non è bella, specialmente per uno come me che non c’era mai stato e mai avrebbe pensato di andarci, e invece ci sono finito. I primi giorni sono stati terribili, eravamo in pieno lockdown e mi hanno messo in isolamento, in una cella cosiddetta “bianca” cioè priva di tutto, che poi bianca non era perché era dipinta di grigio e tutta sporca, il letto imbullonato per terra, chiuso h24, senza possibilità di comunicare e tutto il resto che vi lascio immaginare.

Nella solitudine la mia mente era sempre in movimento e pensavo che la mia vita era finita, ero anche preoccupato per le sorti della mia famiglia, era successo tutto all’improvviso, mia moglie e le mie figlie, come avrebbero fatto ad andare avanti visto che io non potevo più lavorare? Di certo avremmo perso anche la casa perché c’era anche il mutuo da pagare.

Stavo dando di matto e mi erano anche venuti brutti pensieri per la testa. Finalmente dopo 3 settimane e tre tamponi, mi hanno portato in reparto, dove ho iniziato a riprendermi un po’, mi hanno dato la tessera telefonica con cui ho potuto iniziare a comunicare con la mia famiglia e successivamente l’accesso anche ai colloqui a distanza con whatsapp. (quelli visivi di persona erano ancora chiusi per via del Covid).

Solo che non me la sentivo di passare tutto il mio tempo in branda o seduto a giocare a carte e neppure la palestra mi attirava più di tanto, ho iniziato allora con qualche attività di volontariato così da rendermi utile e passare il tempo ma nel frattempo cercavo anche un lavoro, che mi consentisse di essere autonomo senza dover pesare sulla mia famiglia, ed è così che per un po’ ho fatto lo scopino, il lavavetri, l’addetto in cucina e lo spesino, si tratta però di lavori che non sono né formativi, né qualificanti, oltretutto sono anche saltuari, un mese si e tre/quattro no, per poche ore la settimana, alla fine si guadagnano circa 400 euro al mese a cui ti detraggono 122 euro di mantenimento, poi finalmente dopo alcuni mesi la mia attenzione è stata attirata da un avviso: cercavano personale per il call center di bee.4; ho fatto subito domanda, ho superato la selezione e alla fine mi hanno assunto.
Finalmente un lavoro vero!

L’ambiente di lavoro non ha nulla da invidiare a quelli esterni, ho fatto e continuo ancora a fare formazione, ho imparato tante cose nuove, il lavoro è stimolante, si lavora in squadra, con le telefonate interagisco con il mondo esterno, ho imparato a capire la psicologia della gente ed il modo di interagire con loro empaticamente, ho imparato anche controllare le mie emozioni, a fronte delle interazioni, a volte non sempre facili, con i clienti a telefono, il tempo passa anche in fretta.

La mia vita è cambiata completamente, quando entro a lavoro mi dimentico di essere dove sono, adesso posso dare uno scopo concreto alla mia detenzione, sostengo la mia famiglia, pago il mutuo e sono autonomo, e posso far studiare le mie figlie all’università.

Ed oggi ho avuto una bella notizia: una delle due mie figlie, si è laureata! È questa è stata per me una grande soddisfazione.

Io penso che il lavoro in carcere costituisce un’attività formativa e un’occasione di messa alla prova, consente al detenuto di mantenersi e di poter anche sostenere la sua famiglia, evitando tragiche ricadute sociali.

Purtroppo ci sono ancora troppi ostacoli per le cooperative e le imprese che vogliono investire in carcere. I penitenziari Italiani non sanno ancora stare al passo con l’economia. Sono ancora troppi i detenuti che vengono sbattuti in cella e poi alla fine sbattuti in libertà senza un trattamento.
Il detenuto sbattuto fuori in libertà, tagliato fuori dalla società, senza una qualifica, senza un lavoro, può essere facile preda per la criminalità organizzata. Offrire formazione e lavoro ai detenuti, in carcere, significa aumentare la sicurezza dei cittadini.