“In carcere non si finisce… si ricomincia”:
il caso della Casa di Reclusione di Vigevano
Raccontare una pagina sul carcere diversa dal solito. Diversa, ma vera e vissuta. Questo l’obiettivo dell’incontro che si è svolto il 19 maggio 2025 in Regione Lombardia “In carcere non si finisce…si ricomincia: l’esperienza della Casa di Reclusione di Vigevano”, organizzato dalla cooperativa sociale bee.4 che ha dato voce ai principali protagonisti di questa sfida, dalla direttrice del carcere di Vigevano, Rosalia Marino, ai rappresentanti istituzionali, dalle aziende partner a Walter Meregalli, videomaker e autore del progetto “Pionieri”, un progetto audiovisivo che narra l’esperienza di bee.4, concludendo con le testimonianze di due detenuti lavoratori. Il punto di partenza è noto: il coinvolgimento delle aziende all’interno dei luoghi di pena resta problematico, le esperienze di attività lavorative sono poco numerose a livello nazionale: sono meno di 1.000 le persone assunte da imprese terze rispetto all’Amministrazione Penitenziaria. Perché questo accade? Perché è tanto difficile portare lavoro nei luoghi di pena? Come si è riusciti in soli sei mesi a replicare a Vigevano la positiva esperienza ormai decennale nata e cresciuta a Bollate?
“Personalmente credo molto nella formazione e nel reinserimento lavorativo che ritengo strumenti vincenti” ha affermato Alessia Villa, presidente della Commissione regionale “Tutela dei diritti delle persone private della libertà e delle condizioni di vita e lavoro negli istituti penitenziari”, “lo dicono chiaramente i dati del CNEL: chi inizia un percorso di reinserimento lavorativo e di formazione tende a non delinquere, la recidiva è abbattuta fino al 2%. Coloro invece che non hanno iniziato questo percorso registrano una recidiva attorno al 70%. Quindi, lavorare concretamente sulla formazione e sul reinserimento lavorativo potrebbe essere davvero un buon modo per rinascere”. Un concetto rimarcato anche dal vice presidente Luca Paladini, il quale ha sottolineato l’approvazione di un ordine del giorno congiunto tra maggioranza e opposizione del Consiglio regionale sul tema dell’emergenza carceraria.
Andrea Ostellari, sottosegretario al Ministero della Giustizia, ha preso la parola in apertura, soffermandosi sulle criticità strutturali del sistema penitenziario italiano. Ha sottolineato l’urgenza di “rimediare, superando gli errori del passato attraverso strumenti nuovi, come il lavoro e la formazione, che è uno strumento fondamentale per reinserire persone rieducate e libere dal loro passato.”
“Ciò che volevo sottolineare non è tanto la velocità con cui è stato realizzato un progetto in un nuovo carcere ma che, contrariamente a quanto si dice sulle lentezze dell’amministrazione penitenziaria dovute alla burocrazia, abbiamo dimostrato che quando ci sono le persone giuste, a partire dal Provveditorato e la Direzione dell’istituto, in neanche 6-7 mesi abbiamo messo in piedi un’attività che oggi occupa totalmente gli spazi disponibili a Vigevano, attivando 25-26 postazioni di lavoro con altrettante persone assunte” ha affermato il presidente di bee.4 Pino Cantatore, “cosa abbiamo imparato da questa esperienza in termini di replicabilità? Che è possibile se ci sono cause e condizioni favorevoli, volontà degli attori e presenza di un modello di intervento consolidato e riconoscibile. Se vuoi replicare, devi sapere cosa stai replicando. È importante che le attività partano dentro il carcere e proseguano fuori. Serve un’amministrazione penitenziaria disponibile, motivata, pronta a mettersi in discussione. Bisogna destinare spazi in via esclusiva al lavoro, garantire spostamenti fluidi, rendere possibile l’accesso ai visitatori. È fondamentale la presenza di un ecosistema di imprese motivate, consapevoli della complessità del carcere”.
Piena concordanza sui tali concetti è stata espressa anche dai rappresentanti di alcune delle imprese partner di bee.4. “Siamo un’azienda di 600 persone, l’età media è di 35 anni” ha spiegato Guido Garrone, amministratore delegato di Eolo, provider di internet, “quindi formare persone che possono lavorare con noi è un vantaggio. Circa tre anni fa abbiamo accolto ben volentieri l’idea di provare un modello a supporto del carcere. Ci è sembrato che sviluppare una funzione per noi essenziale, l’assistenza ai clienti (customer service), potesse avere successo in questo modello, impiegando persone residenti-detenute e formate. Mi è piaciuta molto la serietà con cui si sono proposte, nonostante difficoltà personali e linguistiche; sono state selezionate da bee.4 in modo rigoroso in base alla motivazione e le capacità di relazione. Il nostro fondatore chiama questo un modello “win-win-win”: è un win per le persone che lavorano, un win per l’azienda e per l’economia di valore e un win per la società civile, perché abbatte la recidiva. Noi oggi facciamo lavorare circa 50 detenuti, 40 a Bollate e 10 a Vigevano, con tassi di soddisfazione nostri e dei clienti molto alti, talvolta superiori a quelli dei tradizionali call center di mercato”.
Rino De Zotti, direttore dei servizi innovativi e inclusione di Sielte, società di telecomunicazioni con 20 sedi in tutta Italia, ha posto alcune domante particolarmente pertinenti e volutamente provocatorie: “perché un’azienda così grande si va a impicciare in una questione che riguarda le carceri? Io rispondo, perché no? In un contesto così complicato vale la pena estendere il servizio in altre carceri? Come azienda rispondo convintamente sì, se il processo, il business regge e il mercato c’è. Non si tratta di un’operazione assistenziale, quindi vale la pena. Noi abbiamo pensato di provare, di cercare di capire cosa si poteva fare. Dopo tre anni siamo molto soddisfatti e, assieme a bee.4, abbiamo replicato questa esperienza a Vigevano”.
“La prima volta che sono stata a Bollate – ormai sono un paio d’anni – sono rimasta stupefatta da quello che ho visto” ha aggiunto Francesca Scipione, customer care service di Dolomiti Energia, “non avrei mai immaginato di entrare in carcere e vedere una struttura lavorativa che erogava servizi in maniera continua ed eccellente a tutti i fornitori e partner che avevano dato queste commesse. Sono rimasta talmente colpita che ho subito voluto portare questo progetto nell’azienda in cui lavoravo prima, e poi anche in Dolomiti Energia, dove sono arrivata circa un anno e mezzo fa, proprio perché c’è un tema di sostenibilità e di importanza delle persone. La passione che i detenuti-lavoratori mettono nel cercare le informazioni e nel voler chiarire ai clienti il motivo dei problemi è incredibile. Il valore aggiunto che portano è inestimabile. Dico tutto questo perché sono convinta che se qualcuno vuole fare bene qualcosa e ha le possibilità, ci riesce. Ci vogliono solo impegno e volontà di imparare. Quindi non ci sono solo outsourcer esterni con certificazioni e requisiti che vincono gare e vanno avanti, ma ci sono realtà come bee.4 che, lavorando in strutture particolari, portano un valore aggiunto che nessuna certificazione può equivalere”.
TeamSystem è una software house che conta più di 5.000 dipendenti e lavora in ambito fintech ed era rappresentata all’evento in Regione da Chiara Santambrogio. “Vedendo bee.4 per la prima volta anni fa sono rimasta sbalordita perché non solo erano bravi e professionali, un business process outsourcer di tutto rispetto, ma hanno la tecnologia, la managerialità e erano orgogliosi di quello che stavano facendo. L’orgoglio trasudava da quella professione e credetemi, è una rarità assoluta in questo settore. Questo orgoglio si traduce inevitabilmente in qualità percepita dai nostri utenti finali, perché poi alla fine trovare qualcuno che ha voglia di starti appresso al telefono e ascoltare le problematiche che porti fa davvero la differenza. Mi preme anche dire che li risceglierei, li risceglierei anche una terza volta, perché per me questa non è stata una scelta etica, ma una scelta di qualità. Perché innanzitutto il detenuto ha la possibilità di esprimere il proprio valore e non di essere guardato per il proprio errore”.
Al termine degli interventi si è tenuta una tavola rotonda moderata da Filippo Giordano dell’università Lumsa cui hanno partecipato Gianalberico De Vecchi, Garante regionale dei detenuti, Maria Milano Franco D’Aragona, dirigente regionale PRAP, Federico Papa, presidente della Camera penale di Milano con l’ex presidente Valentina Alberta, Emilio Minunzio, presidente della sottocommissione carceri del Comune di Milano, Marina Mira d’Ercole, principal expert di The European House – Ambrosetti e Diego Dagradi, impact investment manager della Fondazione Social Venture GDA.
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