Maestoso e misterioso, arido e screpolato come le labbra d’un viandante,
denso di silenzio, ammantato di solitudine, rallegrato soltanto in luoghi sparsi da oasi,
giusto per non perdere la speranza che, anche nei terreni pià aspri,
ci possa essere un fiore più tenace ed aprire la terra,
per trovare una goccia d’acqua e sappiarsene accontentare.
E’ il deserto.
Il deserto ci spoglia di ogni superfluo,
ci invita all’essenziale e purifica in nostri desideri,
così che, come passati ad un setaccio, rimangano solo quelli veramente rilevanti per la nostra vita,
quelli che ci fanno crescere e maturare come persone,
che ci valorizzano e ci fanno fiorire, nel corpo e nello spirito.
Come un’oasi.
(Maddalena, da sito Sulla strada di Emmaus del Carcere Due Palazzi)
Una volta anche io ho visto il deserto.
Sono sempre stata attirata dal deserto ma da sempre l’ho considerato -come realmente è- un territorio estremo, che si fa attraversare ma che non accoglie. Un territorio dove le temperature sono inumane: caldo di giorno, gelo di notte. Il sole scotta la pelle, la sabbia irrita gli occhi.
Il deserto è un luogo dove la mancanza di ciò che reputiamo “necessario” rende la definizione di “necessario” molto esigente. Insomma, una destinazione dove vai volentieri da “turista”, ma se diventa luogo obbligato di transito… meno ci stai meglio è.
Un giorno, nel dicembre del 2019, sono entrata in Carcere, a Bollate.
Per il lavoro che faccio sono stata invitata ad una giornata sulla Resilienza, o “anti-fragilità”, tenuta al carcere con le preziose testimonianze dei ragazzi della cooperativa Bee4.
Voglio ammettere che all’ingresso della casa circondariale ho provato emozioni molto forti, e credevo che quella esperienza sarebbe stata limitata a quella giornata. Avrei fatto la “turista” insomma, prendendo ciò che poteva essere necessario dall’esterno per quelle poche ore di contatto con il mondo inumano che avrei vissuto.
Sapevo che avrei trovato sofferenza, ma ne avevo già tanta di mio, decisi che sarei andata con la corazza per non farmi ferire.
L’incontro con i ragazzi di bee.4 è stata la scoperta di un orizzonte inaspettato.
Senza maschere. Senza corazza.
Un orizzonte senza nuvole, come sono spesso gli orizzonti mezzafiato che si scorgono nel deserto.
Conoscendo i ragazzi di bee.4 mi sono sentita da loro rassicurata.
Ho incontrato Ylenia Sorresi e Marco Girardello e con loro ho iniziato a sognare di mettere la mia professionalità a servizio della comunità della cooperativa, proponendomi come counselor.
Mi stavo diplomando in counseling, dopo tutto, e avrei dovuto fare tante ore di tirocinio. Inoltre lo sguardo di quei ragazzi mi aveva accolto: quale migliore occasione?
Avrei potuto iniziare gli incontri di tirocinio nel febbraio 2020, ma arrivò il Covid che ha amplificato le distanze e ha tenuti sospesi tutti i nostri progetti. Ogni cosa arriva al momento giusto, e grazie a questo “tempo sospeso” ho lavorato su me stessa, per potere entrare in contatto con i ragazzi della cooperativa non in qualità di “turista” ma come Counselor.
Con Marco Girardello abbiamo lavorato per 1 anno a questo progetto, e finalmente nel gennaio 2021 abbiamo iniziato gli incontri con coloro che “volessero intraprendere un percorso disegnato in un progetto di Welfare”.
COSA E’ IL COUNSELING?
Il counseling è una relazione di auto-aiuto, che si focalizza sul qui&ora, e che lavora sulle dimensioni di okness, di consapevolezza, di autonomia e di libertà.
Bee.4 ha introdotto il Counseling nel programma di Welfare per i suoi soci-dipendenti. La cooperativa è arrivata prima di molte aziende che fanno del Welfare il loro fiore all’occhiello: con il percorso di Counseling, bee.4 ha voluto offrire uno spazio di ascolto e di accoglienza, per entrare in una relazione rispettosa non giudicante, di consapevolezza e di crescita in autonomia.
All’incontro di presentazione del progetto, il 18 dicembre 2020, erano presenti circa 40 soci-detenuti, e collegate da remoto eravamo presenti in 3 counselor: io, Cira Tattesi e Monica Pizzamiglio.
Hanno aderito a questa proposta 9 soci della cooperativa.
Da inizio gennaio 2021 gli incontri fra Counselor e Clienti si stanno svolgendo da remoto. In pochi incontri si è sviluppata è una relazione potente e intima, senza giudizio e senza indagine per il passato, per il reato, per ciò può plasmarci, alle volte può soverchiarci, ma che non è più forte di noi.
Gli appuntamenti, fissati ogni due settimane con l’aiuto della direzione, sono momenti di accoglienza.
QUALCHE COMMENTO DAI RAGAZZI COINVOLTI NEI PERCORSI
Abbiamo chiesto, a percorso avviato, alcuni commenti direttamente a loro, ai 9 ragazzi che si sono lanciati in questa avventura. Ecco, in maniera anonima, le loro parole.
“… il counseling si tratta di qualcosa fuori dagli schemi istituzionali e dunque che può regalare uno spazio diverso, una relazione nuova rispetto a quelle che siamo abituati a tenere…questa è basata su una conversazione a “briglia sciolta” con nessuno scopo secondario….unico fine trovarci un benessere proprio qualunque esso sia e un accrescimento interiore…
… ho potuto affrontare in soli due incontri molti più argomenti e riflessioni che con altri “colleghi” in anni di colloqui”
“… il counseling è un’esperienza molto positiva, piacevole e utile;
…la mia counselor ha capacità di ascolto notevole, si pone in modo estremamente positivo, è realmente interessata!”
“…ritengo il percorso counseling un ottimo strumento per mettersi a confronto con se stessi e con il proprio vissuto , ottimo per migliorarsi , di conseguenza anche il proprio percorso professionale .Sono contento di aver partecipato a tale iniziativa e lo consiglierei a tutti”
“…la mia counselor riesce a trasmettermi un grande senso di fiducia, di serietà, di umanità col suo ‘ascolto empatico’ attivo e allo stesso tempo stimolante.
.. ritengo che se puoi riporre fiducia sia importante, soprattutto dopo anni e anni costretto mio malgrado a tenermi sempre dentro tante cose
…Ho fatto ancora solo 3 incontri… sono già bastati a farmi capire l’efficacia che sicuramente avranno nel permettermi di proseguire il mio percorso con un maggiore senso di serenità, consapevolezza e responsabilità!
“… INCREDIBILE….UTILE…….AUTENTICO…….EFFICACE….VERO……DI CRESCITA PERSONALE”.
UN RINGRAZIAMENTO DA PARTE NOSTRA
“Chi può aiutare il cammino di rieducazione i carcerati?
La persona educa la persona.
Voglio dire che ogni azione educativa o rieducativa avviene attraverso il coinvolgimento di almeno un’altra persona.
Chi è detenuto e si perde per depressione o per aggressività, deve sapere che c’è una persona che si interessa a lui seriamente e di cui lui stesso può interessarsi.”
(Carlo Maria Martini)
Il Counseling è una relazione, e in una relazione si è sempre in due. Per questo motivo noi counselor desideriamo ringraziare i nostri ragazzi di bee4.
Proporre il counseling all’interno del Carcere è credere che nel deserto ci possa essere una oasi, rigogliosa e verde, fiorente e inaspettata. Lì, proprio lì, in quelle oasi, possiamo contemplare il mistero che siamo.
Daniela Airaghi