Giusto un anno fa davamo avvio alla nostra collaborazione con Sielte, uno dei principali system integrator del mondo delle telecomunicazioni presenti in Italia. Eravamo estremamente stimolati dalla possibilità di cimentarci in una nuova tipologia di servizio potendo offrire anche ai nostri soci un’occasione speciale per costruire una professionalità particolarmente appetita all’esterno.
Nel corso di questi 12 mesi la collaborazione con Sielte si è evoluta con piena soddisfazione da parte del nostro committente, fino al punto di coinvolgere più di dieci persone in attività di supporto tecnico afferenti il settore del networking. Attività che richiedono una formazione del tutto particolare, frutto di una preparazione e di un impegno di lungo periodo.
Nel periodo marzo-maggio 2023 abbiamo avviato il nostro primo corso sul networking in ambito informatico nell’ambito dell’aula di formazione di cui ci siamo dotati per poter alimentare una filiera formativa in grado di produrre competenze in questo settore specialistico. Si è trattato di un’attività serale che 8 nostri soci hanno affrontato con tanta motivazione e vogliamo di fare.
La collaborazione con Sielte ha un sapore particolare anche e soprattutto perché ci permette di investire su uno degli aspetti al centro della nostra mission: la centralità della formazione.
Abbiamo incontrato Andrea, uno dei professionisti informatici che ha accompagnato i nostri ragazzi nel percorso formativo chiedendogli di raccontarci la sua esperienza di formatore all’interno di un carcere.
Ciao Andrea avresti voglia di raccontarci la tua esperienza di docenza, a cavallo tra la componente tecnica/professionale e quella più personale/emozionale?
L’esperienza con il primo gruppo di ragazzi è stata fantastica, iniziata ignorando completamente quello che avrei trovato dentro e finita con un senso di casa che diventa quasi difficile spiegare. Per spiegarmi meglio, ogni giorno tornavo volentieri. Quindi è stato semplice accettare la chiamata di Marco per il secondo gruppo.
Trasmettere competenze tecniche non è mai facile, spesso è complicato anche farsi capire dai colleghi. Era importante trovare le parole giuste, modificare il linguaggio per renderlo completamente comprensibile ed intuitivo. La fortuna è stata trovare uomini e ragazzi totalmente disponibili all’apprendimento e consapevoli di aver intrapreso un percorso che dà loro una grande opportunità di ripartenza.
Quello che ti restituiscono questi ragazzi è straordinario, in termini di soddisfazione lavorativa e umana: vedere che completano un test facendo pochi o nessun errore, vederli sorridere quando arrivi, sapere che ti cercano per un abbraccio. Tutto questo è davvero appagante a livello energetico.
Se dovessi motivare una persona che sconta una pena detentiva le ragioni per cui dovrebbe investire del tempo e delle energie per acquisire competenze tecniche nel settore informatico, che argomenti adotteresti?
Sicuramente mi concentrerei sulla scalabilità del lavoro, facendo forza sul fatto che l’informatica e la tecnologia seguono un’evoluzione costante. Danno possibilità senza limiti e senza tempo…
Io sono l’esempio di come, anche a distanza di anni dalla mia prima esperienza, si possa rientrare nel mondo telecomunicazioni passando dalla porta d’ingresso.
Non credo che serva stimolarli particolarmente, sono tutti sempre molto motivati, ma probabilmente farei leva sulla rivendibilità delle competenze che andrebbero ad acquisire.
La richiesta di figure come la nostra è in continua crescita ovunque nel mondo.
Quali credi siano le possibilità che si aprono alle persone una volta che hanno investito del tempo in queste attività di formazione?
Non vorrei ripetermi, ma la tecnologia difficilmente potrà trovare degli stalli, investire nella formazione in questo settore ti apre una vera e propria “finestra sul mondo”.
Basta aprire Linkedin per vedere quante offerte da Network Specialist ci sono attualmente.
Prova ora ad immaginare di raccontare a qualcuno che non ha mai fatto l’esperienza del lavoro o della formazione in carcere le ragioni per cui questo investimento di energie e di risorse non è tempo perso…
Al di là delle statistiche che dicono quanto questi percorsi siano riabilitanti, ho potuto toccare con mano quanto chi decide di affrontare un certo di percorso, lo fa con la convinzione di rimettersi in gioco.
Entrando in carcere mi sono reso subito conto di come per tanti ragazzi avere un’alternativa è tutto, ma proprio tutto. È un modo di ripartire, di riprendersi in mano una parte di vita, di mettere le basi per il futuro post detenzione. Questione da non sottovalutare quest’ultima, perché tanti qui sono soli.
Quel tutto lo percepisci dalla fame di informazione che dimostrano ad ogni argomento che affronti, la voglia di imparare per migliorare e poter fare qualcosa di nuovo, diverso. Sono molto consapevoli della loro situazione e si aggrappano alla possibilità di ritrovare una sorta di normalità attraverso queste iniziative.
C’è qualcosa in particolare che questa esperienza ti ha lasciato?
Da subito sono rimasto impressionato dall’organizzazione dell’ambiente lavorativo e, superato il primo impatto, ogni giorno sembrava di entrare in un normalissimo ambiente di lavoro.
Sono rimasto molto colpito invece dal legame che si è creato in pochissimo tempo con tutti i ragazzi del reparto industriale e da come questi ragazzi diano valore a quello che abbiamo fatto per loro, attraverso un test fatto egregiamente, facendo domande sempre più approfondite o molto più semplicemente ringraziando alla fine di ogni giornata: fantastici!
Vuoi condividere un pensiero conclusivo?
Ero scettico inizialmente. Tuttavia già dalla prima esperienza mi sono ricreduto e ho capito quanto il progetto di bee.4 dia a questi ragazzi. Ho conoscenti che non hanno avuto la fortuna di imbattersi in progetti come questo, con la conseguenza di essere finiti in un loop di delinquenza da cui non sono mai usciti. Rendere tangibile un processo di riabilitazione attraverso un percorso formativo/lavorativo, è sicuramente una strada vincente.