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Impatto sociale

Nel 1945, i padri costituenti stabilirono che la pena dovesse mirare al reinserimento sociale, e la legislazione successiva doveva cercare di realizzare questo principio nei percorsi penali.

Oggi le carceri italiane ospitano circa 60.000 persone, ma la sola detenzione non è sufficiente a garantire un futuro migliore ai detenuti. Senza interventi specifici e strumenti che modificano le loro abitudini, tre detenuti su quattro ricadono in reati una volta scontata la pena.

Costruire una quotidianità produttiva in carcere è uno strumento potente per dare valore all’iter di recupero, promuovendo competenze e supporto alle famiglie. Questo approccio, che ha dimostrato di ridurre drasticamente la recidiva, coinvolge però ancora troppo pochi detenuti: meno di mille lavorano oggi per imprese private, una cifra che mostra quanto il potenziale di queste iniziative sia ancora largamente inesplorato.

Nei contesti penali che offrono occupazione, i problemi disciplinari sono meno frequenti, l’autolesionismo è ridotto, e l’attività della polizia penitenziaria è più fluida. Questo contesto facilita il cambiamento e consente ai detenuti di concentrarsi su attività costruttive.

Lavorare in carcere è un’idea vincente, per tutti.